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Elvira Kamenshchikova la scrittrice russa che ama il Friuli

Gemma Minisini Monassi

Эльвира Каменщикова, русская писательница, которая любит Фриули

“All’indimenticabile memoria  
dell’imperatore Alessandro III.
Agli ingegneri russi e agli operai,  
ai cittadini italiani, albanesi,  
austriaci, turchi, che con la loro capacità 
ed intelligenza hanno costruito la perla della Transiberiana, - la ferrovia Transbajkalica, 
monumento di storia mondiale, di tecnica e cultura .”

 

Con questa dedica inizia “Gli italiani sulle rive del Bajkal, il libro della scrittrice Elvira Kamenshchikova, pubblicato nel 2003 a Irkutsk, città della Siberia.

Esso è, scrive l’autrice, “ il primo tentativo di fissare le notizie già trovate e far conoscere avvenimenti fino ad oggi sconosciuti a chi ama sinceramente questa zona del Bajkal che porta il nome di Transbajkalia”.

Una storia poco nota quella dei molti italiani che, a l’inizio del secolo scorso hanno lavorato, in condizioni spesso disumane, per costruire la Krugobaikalskaja, cioè quel tratto di ferrovia Transiberiana (1), che segue per ben 308 verste (2) la curva meridionale del lago Bajkal.

Nessuno degli uomini di cultura della regione, neppure gli storici locali erano informati molto sull’argomento fino al 1991, quando Elvira Kamenshchikova, allora redattrice della rivista settimanale “Resonance” ha conosciuto, per caso, una ricercatrice di Irkutsk che lavorava nel’archivio di San Pietroburgo. La studiosa era in posesso di un lungo elenco con i nomi dei lavoratori cheerano stati alle dipendenze dell’impresario Giovanni Carlo Andreoletti nei cantieri della Transbajkalia.

Questo elenco ha incuriosito particolarmente la giornalista che, da allora, ha cominciato con passione ed entusiasmo, a ricercare notizie riguardanti gli operai che hanno costruito la ferrovia lungo la curva sud del Bajkal.

Ha scoperto che molti erano friulani, provenivano da Montenars, Osoppo, Forgaria, Clauzetto, Vito d’Asio, Majano, Trasaghis, Buja, Campone, altri venivano dal’Abruzzo, dala Lombardia dall’Alto Adige, dalla Liguria e dall’Emilia-Romagna.

Gli operai friulani erano degli ottimi scalpellini, per questo venivano ingaggiati facilmente dalle maestranze russe per la costruzione di viadotti, ponti, gallerie, tunnels, muraglioni di contenimento.

Nelle pagine del suo libro l’autrice riporta con precisione le caratteristiche dei manufatti ai quali hanno lavorato assieme russi ed italiani, non mancano lunghi elenchi con i nomi degli uomini impiegati nei vari cantieri, i loro paesi d’origine e fotografie d’epoca, guardando le quali, ci si rende facilmente conto delle grosse difficoltà incontrate per realizzare opere così grandiose ed imponenti.

La Kamenshchikova ha fatto rivivere anche storie toccanti, come quella di Luigi Giordani (Vigj Miot) di Buia che, dopo una vita di stenti e di sacrifici, sorretta, però, sempre dalla speranza in un futuro migliore, ha visto spegnersi tutti i suoi sogni nele calde acque dell’Oceano Indiano o quella di Gian Domenico Brovedani, di Clauzetto, morto per un incidente sul lavoro ad appena 33 anni. Ora riposa in terra siberiana, sotto un cippo di pietra del Bajkal, sul quale sono incisi, in caratteri cirillici, solo il suo nome e le date di nascita e di morte (3).

Un capitolo del libro è dedicato interamente alla famiglia Rugo originaria di Campone, una famiglia sfortunata che, per rimanere fedele ad un’ideologia, ha girato le spale alla sua vera patria ed ora i suoi discendenti rimpiangono inutilmente ciò che hanno perduto.

La Kamenshchikova è diventata amica di Albina e di Edoardo Rugo che ancora vivono a Irkutsk , per questo è riuscita a raccogliere, sul filo delle parole e delle voci, i loro pensieri, le loro emozioni, i loro sentimenti e a riportarli intatti sulla carta.

Dopo la guerra Russo-Giapponese, i cittadini stranieri furono allontanati dalla ferrovia Transbajkalica, molti italiani rimasero disoccupati, alcuni partirono verso nuovi cantieri, altri lasciarono la Russia o scelsero lavori diversi stabilendosi definitivamente a Irkutsk, a Krasnojarsk, a Cita.

Tra questi la famiglia del fotografo Giovanni Minisini di Buia (4), che ha lasciato una traccia visibile di sé nella storia culturale di Jrkutsk.

A lui la signora Kamenshchikova ha dedicato un interessante libro, edito nel 2005.

Nelle sue pagine si dipana il filo della vita di Giovanni, dal giorno della nascita nella povera casa di Ursinins Piccolo n° 54, al battesimo nella chiesa di Santo Stefano, dal lungo viaggio attraverso l’immensa taiga siberiana assieme ai genitori e alle sorelle Teresa M aria e Anna, all’a rivo sulle rive del Bajkal, dove suo padre Giuseppe aveva trovato lavoro come scalpellino.

Rivivono, poi, gli anni della gioventù di Giovanni, quando con gli amici si divertiva a suonare l’organeto o staccava i biglietti alla cassa del cinema “I giganti”, non mancano, naturalmente, i ricordi legati ai giorni felici, come quando si èsposato con Eudokia Konovichina (5) o ha sentito il primo vagito del figlio Viktor. Alcune pagine sono dedicate anche alla profonda e sincera amicizia con il fotografo tedesco Gustav Enne che gli ha svelato i segreti del mestiere e gli ha permesso di diventare uno tra i più famosi fotografi di Jrkutsk.

Il suo studio, in via Krasnoarmejskaja n° 3, era frequentato da gente importante, facoltosa e, in città, c’è ancora chi ricorda la raffinata sala d’atesa con poltrone di seta, tappeti e specchi alle pareti.

Arricchiscono il libro parecchie fotografie scattate da Giovanni, che riescono ancor oggi ad emozionare, perché sono arte e l’arte non muore nel tempo.

Ospitata ed aiutata dall’“Ente Friuli nel M ondo”, l’estate scorsa Elvira Kamenshchikova ha potuto finalmente realizzare il suo grande sogno: visitare il Friuli.

È riuscita, così, ad incontrare i discendenti di alcuni operai che hanno lavorato alla costruzione della Transiberiana, grazie a loro ha allargato il suo bagaglio di conoscenze e sicuramente ne farа buon uso nella pubblicazione che ha già in programma.

E’ stata ospite anche a Villanova dello Judrio, dove oggi vivono i parenti di Giovanni Minisini.

In una splendida domenica di sole, sulla collina di Monte, ha finalmente abbracciato anche gli amici di Buia con i quali da anni è in contatto e che, quando hanno potuto, l’hanno aiutata nel suo lavoro di ricerca.

In mezzo ad uno sventolio di bandiere friulane e russe, non ha mai smesso di prendere appunti, chiedere informazioni, scattare fotografie alle nostre montagne.

Era felice e noi eravamo felici assieme a lei.

 

 

NOTE:

1) La Transiberiana, incominciata nel 1891 a Vladivostok, sul Pacifico e nel 1892 a Celjabinsk, nei pressi della frontiera con l’Europa, ha una lunghezza complesiva di 9434 chilometri. Particolarmente difficile è stato il lavoro sulla grande curva meridionale del Baikal, a causa della natura rocciosa del terreno. Il tratto da Irkutsk a Myssowaja, lungo 260 km, è stato portato a termine nel 1904. I lavori sul ramo principale della ferrovia sono continuati fino al 1906. Il percorso era il seguente: Sverdlovsk - Omsk - Novo Sibirsk - Krasnojarsk - Tajset - Irkutsk - Ulan Ude - Cita -Mogoca - Svobodny - Habarovsk - Vladivostok.

2)  Versta russa = misura lineare corrispondente a m. 1066,78.

3)  Sul cippo in pietra del Baikal, sotto il quale riposa Domenico Brovedani, c’è un erore nel cognome: è scrito “Brovidani”, invece che “Brovedani”.

4)  Giovanni Minisini è nato a Buja (Udine) il 2 dicembre 1887 da Giuseppe e Maria Schiatti di Majano.

E’ stato battezzato nela chiesa di Santo Stefano il 3 dicembre 1887. Suoi padrini sono stati Francesco Schiatti e Caterina Forte “Cost”, nata Minisini.

Rientrato in Italia assieme alla moglie nel 1932, ha passato gli ultimi anni della sua vita a Palmanova dove si è spento il 6 maggio 1956.

5) Giovanni Minisini si è sposato nel 1916 con Eudokia Konovichina. Sui documenti italiani, invece, il cognome della moglie è
Kostilova.

 

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